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Recensioni Un amore rubato



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Giovanni Capotorto, Foglidiversi, 8 marzo 2018

L'amore rubato racconta una storia d'amore tra persone di estrazione sociale diversa, un amore forse più sognato che vissuto nella realtà, come spesso capita nella vita di ogni giorno.

Tante volte ci sentiamo attratti da qualcuno che incontriamo per caso, ci innamoriamo di una persona che vediamo di sfuggita e che forse non rivederemo mai più.

Succede così anche ad Alice (Medina Kadriu), la protagonista femminile della storia, che per caso incrocia un ragazzo che scende velocemente per le scale del suo palazzo.

Il giovane indossa una divisa da operaio della manutenzione degli ascensori e attira subito la sua attenzione e la sua curiosità.

C'è un silenzioso scambio di sguardi che rimane nella memoria e nel cuore di entrambi, tanto che il giovane Ardiel (Pajtim Kadriu), in realtà  un piccolo ladro d'appartamenti, torna nella zona per rivederla, mettendo da parte ogni prudenza.

Anche la ragazza continua a pensare a quell'incontro casuale, al ragazzo che lei ha soprannominato "lunghe ciglia", di cui parla con entusiasmo all'amica Anna e alla sorella Dadda.

Non le importa che il ragazzo sia probabilmente un ladro, lei sogna come poterlo rivedere.

E poi... meglio non raccontare troppo per non perdere il piacere della visione.

Il finale mi ha sorpreso piacevolmente (ma non posso dire di più).

Ho apprezzato molto questa storia semplice, ma non banale, ambientata in uno scenario insolito per un film come può essere un condominio della periferia romana.

Il regista ha saputo descrivere in maniera efficace l'ambiente condominiale, le piccoli liti e gelosie, il portiere un po' filosofo, il vicino innamorato e geloso; piccole storie che fanno da cornice alla vicenda principale. In tanti probabilmente si riconosceranno in questi personaggi, in questo microcosmo familiare alla maggior parte delle persone, rivisto in chiave poetica.

Una storia originale; finalmente qualcosa di diverso dai soliti film su delitti e gente che indaga; sembra che ormai libri e film tv sappaino parlare solo di questo.

Sia chiaro, alcune serie tv le guardo anch'io, ma ogni tanto fa piacere vedere qualcosa di nuovo, raccontare anche la quotidianità.

Suggestiva la sigla iniziale con l'immagine della tela che fa da sfondo ai titoli. Non so se avesse solo uno scopo pratico o anche un significato simbolico; comunque fa un bell'effetto.

Bella la colonna sonora, in parte composta e interpretata dal regista Leonardo Bonetti.

In alcune scene la musica forse copre o tende a distogliere l'attenzione dai dialoghi, creando una sorta di effetto ipnotico.

Felice la scelta di far accompagnare la scena principale solo dal commento musicale per dare risalto al gioco di sguardi senza parole che è in fondo la chiave del film.

Bravi tutti gli interpreti, sia i protagonisti Alice e Ardiel, sia i vari ruoli secondari, in gran parte attori non ancora professionisti, ma di cui sicuramente sentiremo ancora parlare.

In alcuni punti forse c'era un uso eccessivo di sguardi, pause, silenzi, che facevano sembrare la recitazione un po' lenta e artificiosa.

Alice in particolare, a volte sembrava un po' troppo sognante, quasi imbambolata, comunque in linea con il carattere del suo personaggio. Quando incontra Ardiel per la prima volta per le scale sembra che stia ferma un'eternità ad aspettarlo mentre il tutto dovrebbe avvenire in una manciata di secondi.

Immagino sia un artificio cinematografico per mostrare la differenza tra il tempo reale (pochi secondi) e quello percepito da chi lo vive. Capita a tutti di notare che il tempo in certe situazioni sembri non scorrere mai e in altre fin troppo rapido. Alice come personaggio appare a volte incostante: prima innamorata persa, con un'aria sognante e subito dopo distaccata, quasi disinteressata del destino di Ardiel.

Tra gli altri attori mi ha colpito molto Dadda (Chiara Bonetti), molto intensa e convincente nel ruolo della sorella minore di Alice e con una mimica comunicativa. Coinvolgente già dal suo ingresso sulla scena quando, chiamando Alice in maniera ironica "la sorellastra", fa intuire con poche battute l'esistenza di una famiglia allargata un po' problematica. La parola da un lato indica la comune appartenenza familiare, dall'altro segna um distacco netto tra le due interpreti femminili.

Solo secondario e di poco peso nella storia il ruolo dei genitori, comunque bravi Paola Feraiorni e Alessandro Di Somma a rendere credibile il loro rapporto d'amore a tratti conflittuale.

Una menzione particolare anche a Tonino De Sisinno (il portiere un po' filosofo),  a Vincenzo Napolitano (Jakso, il barbone montenegrino innamorato della sua Amina) e ad Alesandro Capoccia (Francesco, vicino di casa problematico innamorato di Alice).

La luna fa da muta spettatrice a tutte le vicende, una presenza costante che dona un tocco di poesia a questo intreccio di destini, di storie che si incrociano.



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Andrea Ricci, “Q”, marzo 2016

Nove anni di Cineclub a cura de L'Albero di Maccarese hanno mostrato a molti nel nostro territorio come non sia necessario avere a disposizione fondi da Star Wars per fare del buon cinema.
Una ulteriore, forte conferma se ne è avuta il 14 febbraio quando all'UCI di Parco Leonardo è stato presentato il film "Un amore rubato", opera prima cinematografica di Leonardo Bonetti, l'insegnante di Fiumicino già noto come musicista e pluripremiato scrittore e poeta. Autoprodotto, recitato con cura da attori non professionisti, il film è girato prevalentemente fra Ostia e Fiumicino
(risvegliando per una scena un cuore della cultura locale come il teatro Traiano) e narra una storia di ordinario confine tra infanzia e adolescenza, tra legalità e arte di arrangiarsi, tra amore ed egocentrismo, tra perbenismo e dramma familiare, in un continuo processo di inversione.
Lo stesso processo avviene nel film: man mano che cresce la tensione degli eventi, la regia si fa più discreta, la musica (dello stesso Bonetti) che nella prima parte è un vero strumento registico al pari della cinepresa, diventa più di atmosfera, fino a coinvolgere lo stesso tema della narrazione: l'amore per molte
vie "viene rubato", ma anche per molte vie "ruba". E gli stessi spettatori saranno indotti a invertire ripetutamente i propri sentimenti nei confronti dei vari personaggi, fino a un finale che tramite una semplice quanto efficace metafora mostra come anche "ponendosi in alto" non tutto si possa vedere ...
La proiezione del 14, in contemporanea in due sale dell'UCI, con il patrocinio del comune di Fiumicino e alla presenza, tra gli altri, del dirigente scolastico Francesco Commodo, del presidente della Commissione per le Politiche Culturali ed i Giovani Maurizio Ferreri e della coordinatrice della Consulta
Cultura e Sapere Alessandra Senadusi, si può prevedere che non sarà certo l'unica al pubblico per questa opera per la quale per ora è prevista la distribuzione in club e festival specializzati.